RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Veleni in Procura, Lalla glissa: «Vado a giocare a pallone»
Genova, 30 marzo 2008
Veleni in Procura, Lalla glissa: «Vado a giocare a pallone»
il caso
Il procuratore capo non ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio e
dice anzi che non ne sapeva nulla. In passato contrasti con i pm
Lalla sapeva o non sapeva della richiesta di rinvio a giudizio nei
confronti dell'ex capo della polizia? Era d'accordo o no? Ci sono altri
contrasti, dopo i recentissimi casi Henriquet e Novi, tra il procuratore
capo di Genova e i suoi sostituti? «Questa volta assolutamente no»,
assicura il pm Vittorio Ranieri Miniati. Però Lalla forse nemmeno sapeva.
E la firma del procuratore capo non è sull'atto giudiziario siglato dall'"aggiunto" Mario Morisani e da quattro sostituti, Francesco Cardona
Albini, Patrizia Petruzziello, Vittorio Ranieri Miniati, appunto, ed
Enrico Zucca. «Dietro la mancanza di una firma c'è solo la fantasia del
giornalista e non altro - si legge su un comunicato diffuso ieri
pomeriggio dalla Procura ispirato dall'articolo di un quotidiano - l'atto
giudiziario oggetto della attenzione degli articoli reca "solo" le firme
dei titolari dell'indagine, procuratore aggiunto e sostituti, perché così
richiedono le regole di organizzazione dell'ufficio. Inutile parlare
quindi di dissenso con il procuratore capo perché ciò varrebbe a conferire
esistenza a ciò che non è, in quanto semplicemente falso».
«Stupisce e allarma pertanto - proseguono i magistrati - il sorgere di
illazioni, se non tese a screditare l'indagine, che si è invece svolta in
un contesto di assoluta condivisione della valutazione del materiale
istruttorio raccolto. Tale materiale era peraltro già noto nelle sue linee
essenziali, a seguito del deposito degli atti dopo l'avviso di conclusione
delle indagini, atto che già lasciava intendere la concorde volontà
dell'ufficio, in assenza di nuove emergenze, in ordine al successivo
esercizio dell'azione penale».
Lalla ieri mattina ha dichiarato di non saper nulla della richiesta di
rinvio a giudizio, non ne sarebbe stato informato. Ma questo almeno doveva
essere un atto di rispetto dovuto visto il coinvolgimento dell'ex capo
della polizia. Una dimenticanza, timore di un dissenso?
Il procuratore ha rifiutato ogni commento. «Vado a giocare a calcio», ha
tagliato corto lasciando il Palazzo. E c'è anche chi insinua che invece
sapesse.
Sul caso De Gennaro non ci sarebbero contrasti, dunque, tra il capo della
Procura e i suoi vice, ma al nono piano di Palazzo di giustizia il clima
non è comunque dei più distesi. Sui conflitti più recenti è stato chiamato
in causa anche il Consiglio superiore della magistratura, mentre un
influente magistrato avrebbe nei suoi schedari un intero file sulle
divergenze tra pm e "capo". Perché?
I due casi più clamorosi che hanno segnato la frattura tra Lalla e i suoi
sostituti (almeno una buona parte di loro) riguardano due personaggi
particolarmente in vista in città: il professor Franco Henriquet,
fondatore dell'Associazione Gigi Ghirotti, e Giovanni Novi, ex presidente
dell'Autorità portuale. Nel caso di Henriquet, con un autentico colpo di
mano, il procuratore capo si era sostituito in udienza al pm Francesco
Pinto in quanto non condivideva la sua decisione di chiedere il rinvio a
giudizio del professore accusato di detenzione a fini di spaccio di
sostanze stupefacenti. Al Secolo XIX, Lalla aveva motivato la sua
decisione sostenendo che si «vergognava dell'inchiesta». Diciassette pm
avevano reagito inviando un quesito al Csm per conoscere la legittimità
del provvedimento (quesito ancora senza risposta), al quale aveva fatto
seguito un'interpellanza di due membri dell'organo di autogoverno dei
magistrati che chiedevano il trasferimento del procuratore per
incompatibilità ambientale. Su questo punto, all'unanimità, il Csm si era
espresso con parere contrario.
Solo poche settimane dopo però si era aperto il caso Novi, a sua volta
arrivato all'attenzione dei togati romani. Lalla si era rifiutato di
controfirmare la richiesta di arresti domiciliari nei confronti dell'ex
presidente dell'autorità portuale coinvolto in un'inchiesta per falso,
truffa e turbativa d'asta. E il dissenso non era passato inosservato.
Proprio giocando su questo punto il difensore di Novi, Cesare Manzitti, ha
presentato ricorso in Cassazione contro il provvedimento di custodia
cautelare.
Isabella Villa